Ecco come la mafia e i presidenti del Consiglio hanno bloccato sin dagli anni ’70 le inchieste della stampa europea

28/06/22 - 4 minuti di lettura

Si chiamava Bernhard Müller-Hülsebusch, è morto nel 2020 a Roma per una tragica e banale caduta e ne scrivo perché solo ora posso farlo, per rispettare una sua consegna del silenzio. ‘E stato un grande giornalista tedesco, corrispondente di Der Spiegel dall’Italia, ed ho avuto l’onore e il piacere di collaborare con lui e con Der Spiegel negli anni difficili del nostro Paese. E di parlare spesso in conversazioni telefoniche che solo dopo ho saputo che avevano altre orecchie oltre alle nostre, ad ascoltare. Ovvio, dato il rilievo e l’autorevolezza politica e economica che il settimanale tedesco rivestiva in tutta Europa e in particolare in Italia. Perché tante orecchie? Come corrispondente da Roma (1972-1983) Bernhard era molto attento alla politica italiana, non era certamente un reazionario, anzi, era un progressista con una base culturale di altissimo livello. E, come grande conoscitore e appassionato dell’Italia, mostrava nelle sue corrispondenze una partecipazione giustamente critica. Partecipò attivamente nel luglio 1977 alla realizzazione della celebre inchiesta di copertina di Der Spiegel, quella con la foto ormai storica di una P38 su un piatto di spaghetti e con il sottotitolo (Urlaubsland Italien) ovvero “Italia, paese delle vacanze” Nel commentare l’effetto enorme che ebbero sull’opinione pubblica europea una copertina e un’inchiesta così pesanti, si mostrò dispiaciuto ma fermamente convinto che un settimanale come Der Spiegel non poteva tacere su ciò che accadeva in Italia. Per ragioni collegate al mio lavoro, avevo avuto subito dopo un’informazione molto affidabile con dati precisi a abbondanti su quello che stava accadendo nel Nord Italia e in Europa: l’espansione della mafia in particolare nei paesi di lingua tedesca, dove c’erano tantissimi lavoratori italiani che spesso, inconsapevolmente, costituivano un ambiente “ospitale” per i picciotti e difficile da penetrare per chi non conosceva i tanti dialetti regionali italiani. Inoltre, allora come ora, polizia e magistratura tedesche non solo erano del tutto indifferenti a questa “avanzata” della mafia ma addirittura ne negavano l’esistenza. E invece da Milano e Verona, dai giganteschi mercati all’ingrosso, riforniti da tutta Italia, confluivano su gomma verso le “piazze” di distribuzione e di vendita europee e tedesche in particolare, enormi flussi di verdura, frutta, pesce. Interamente e sin da allora gestiti, trasportati e distribuiti dalla mafia con la complicità attiva dei partiti, di uomini delle forze dell’ordine, politici, di ministri e presidenti del consiglio. Tutto scritto, documentato e ufficializzato da inchieste della magistratura. Erano gli anni di Michele Sindona, il mafioso consigliere di Andreaotti, diventato il depositario e investitore quasi ufficiale delle enormi ricchezze della mafia. E di Calvi, strettamente legato anche lui ai presidenti del consiglio di allora. Su Sindona, Calvi e le loro compromissioni con i mafiosi usati anche per le tante stragi fasciste di quegli anni, esistono sentenze, inchieste, libri. Ma nei primissimi anni 70, quando Bernhard arrivò a Roma, l’espansone europea della mafia era agli inizi, l’attenzione era concentrata soprattutto sull’Italia, su Milano, Roma, Palermo e sui i massacri di poliziotti, magistrati, giornalisti italiani. Ma le mani adunche della mafia si allungavano già dalla Sicilia, da Verona, da Milano sulla Germania in mezzo ai giganteschi flussi alimentari. Ne parlammo a lungo io e Bernhard anche perché l’intreccio tra politica, mafia, e stragi era sempre più evidente. Ma l’interesse di Bernahrd si era focalizzato su quel link tra mafia, traffici e vendite di alimentari, e Germania. E d’accordo decidemmo che era prudente che mi muovessi prima io per andare a parlare con i colleghi del quotidiano l’Ora (e con alcuni uomini delle istituzioni) in occasione di una vacanza decisa peraltro da tempo. Alla vigilia della partenza io ricevetti una telefonata di un alto funzionario della questura di Milano che “paternamente” mi “consigliava” di lasciar perdere, era un argomento delicato per una donna, andare in Sicilia, andare in bocca al lupo, diceva. Perché un conto era un’inchiesta per un giornale italiano e un conto era “scomodare” un giornale straniero, troppo rumore, troppo scandalo per l’Italia. Come faceva a sapere del viaggio, del progetto delle conversazioni con Bernhard, di dettagli? Quanto a Bernhard, con molta prudenza mi confidò di avere ricevuto insistenti anche se cortesi “attenzioni” da altissimi esponenti del governo italiano…. Io avevo già deciso di partire, comunque, avevo biglietto del treno (più prudente dell’aereo), della prenotazione dell’albergo…e mi aspettavano colleghi e amici. Sono partita, sono arrivata a Palermo ed è accaduto di tutto. Niente albergo, niente contatti, minacce e altro…..La progettata ricerca di informazioni sulla mano…adunca della mafia sulla Germania si arenò subito, per prudenza. Per evitare rischi molto molto probabili abbandonai Palermo, la vacanza, la Sicilia. Da allora sono accadute tante terribile “cose” mafiose e la Germania è preda come altri paesi delle mafie, delle ‘ndrine calabresi. Continuano a negarlo in molti in Germania ma Bernahard, se fosse vivo, si sarebbe scandalizzato.

Condividi su
Newsletter