Gossip mondiale, i padroni della Tv

23/11/15 - 3 minuti di lettura

In nemmeno 20 anni i produttori giapponesi di Tv hanno buttato fuori mercato i produttori occidentali (inventori della tv e di tante altre tecnologie) e ai coreani ci sono voluti 15 anni per “sistemare” duramente i giapponesi. Ma ora ai rocciosi e assai disinvolti chaebols coreani devono aver cominciato a fischiare le orecchie. I grandi produttori cinesi (TLC, HIsense, Changhong e Skyworth), infatti, forti di due enormi vantaggi, il costo della manodopera nettamente inferiore e un gigantesco mercato domestico, si stanno da tempo preparando per battere Samsung (n.1 mondiale con una quota in volume del 22% circa) e LG (con un 16% circa). E’ vero le quote cinesi sono ancora molto lontane ma i loro investimenti in nuove tecnologie sono più alte. Il mercato interno è dominato dai produttori locali e quanto ai prezzi, sarà dura batterli in casa loro. Nel frattempo i produttori cinesi stanno attrezzandosi anche per i mercati europei dove già sono e americani (idem). E del resto la malinconica carrellata di espositori del CES di Las Vegas registra un dato: 1 espositore su 4 è cinese.

I brand giapponesi via dall’Europa e dagli USA
Però, in un anno soltanto, TLC, nata come Telecomunication Equipement Co oppure come ama chiamarla il suo boss, Y Hao, Tomorow Champion Leader, ha già spodestato Sony dal terzo posto del rank mondiale con un per ora modesto 6,1% (ma in forte crescita). A ruota Changhong, anzi, Sichuan Changhong, specialista in tecnologie a prezzi molto bassi (non dimentichiamo che offre da oltre 1 anno tv 4K o Ultra HD sotto i mille euro contro una media più che doppia), con un 3,7%. E una fabbrica in Cechia che sforna 1 milione di tv l’anno. Nel frattempo cosa sta accadendo agli ex-giganti giapponesi? Che se ne stanno andando dall’Europa e dall’America. Come qualche malalingua ha sibilato presto dovranno andarsene anche da casa loro, il Giappone. Dopo l’acquisizione da parte di Hisense della licenza di usare in America nord e sud e Usa il marchio Sharp, accordo siglato nel 2013 (e non nel 2015 come hanno erroneamente scritto blogger e giornalisti italiani) che ha consegnato ai cinesi la fabbrica strategica di Sharp, in Messico, Sharp ha praticamente lasciato anche il mercato europeo dei tv affidando la licenza del brand alla slovacca UMC.

Majap, concentrazioni e acquisizioni accelerate
Anche nel settore dei Majap (Maior Appliances, il bianco) sta accadendo qualcosa, dopo la sparizione (o quasi) di uno dei big europei la Fagor-Brandt, rilevata da un gruppo algerino ma del tutto bloccata; e dopo la colossale acquisizione, da parte di Whirlpool, di Indesit Company. Panasonic, per esempio, ha investito nella slovena Gorenje 11 milioni di euro ed ha comprato una quota del 13%. Da allora le due aziende hanno sempre di più gestito insieme logistica, R&D, dopovendita e componentistica. Lo scopo: conquistare quote crescenti dei mercati dell’Est Europa dove Gorenje è decisamente forte. In Usa Haier ha deciso di comprare le attività General Electric nel settore dei frigoriferi, compresa la fabbrica Mabe in Messico.

Chi resterà sui mercati mondiali?
Panasonic, ricca come tutte le aziende giapponesi di un serbatoio di brevetti e innovazioni, ha visto migliorare nettamente i suoi conti negli ultimi mesi dopo una durissima cura dimagrante e di conseguenza procederà a disfarsi o ad alleggerire la produzione di prodotti sempre meno redditizi (tv, microonde…). Toshiba invece a giugno ha dovuto lasciare l’Europa non potendo più sostenere la concorrenza nei tv affidando la licenza del suo brand alla taiwanese Compal. Da tempo Pioneer, JVC e Mistubishi Electrics hanno abbandonato tv e elettronica di consumo. E qualcuno dei giapponesi rischia di dover cedere l’uso del brand anche sul mercato di casa. Chi resterà a livello mondiale dei produttori giapponesi? Sony, Panasonic e Funai ma parecchio dietro i coreani e i cinesi che presto daranno battaglia con novità hi tech e prezzi stracciati. Se ai coreani erano stati sufficienti 15 anni per battere i giapponesi, ai cinesi –dicono gli esperti di Twice- potrebbe bastare meno, parecchio meno.

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