L’industria hi-tech Usa chiude senza le terre rare della Cina

06/06/19 - 5 minuti di lettura

 

 

 

Huawei batte Apple e subito il Trump ha proclamato l’emergenza nazionale. Strano, molto strano. Proprio immediatamente dopo che Gartner aveva reso noto che, per la prima volta, Huawei saliva al secondo posto, dopo Samsung, nelle vendite globali di smartphone, al posto dell’americana Apple con il suo iPhone, il Trump decide di punire la società cinese. Davvero singolare. O no? In previsione di questo clamoroso, meritato, attesissimo sorpasso, il Trump, che sapeva già tutto e aspettava solo la classica goccia, in preda ad una furia iconoclasta il 16 maggio proclamava addirittura lo stato di emergenza nazionale nel settore della supply chain delle telecomunicazioni a causa –dichiarava starnazzando–dello spionaggio che Huawei avrebbe esercitato nei confronti della sicurezza nazionale, rubando segreti militari, commerciali e –terribile!- aggirando (giustamente secondo molti) le sanzioni statunitensi contro l’Iran. Quello che sta dietro l’affaire Huawei è proprio questo rischio altissimo come freneticamente definiscono la decisione del Trump ai piani alti della Nato e nelle cancellerie europee. La dichiarazione di emergenza nazionale conferisce, infatti, a un presidente degli Stati Uniti poteri speciali, come la sospensione di alcune leggi, l’autorizzazione di progetti militari anche senza nessuna comunicazione con gli alleati e la redistribuzione dei fondi di difesa. Tanto preoccupa una mossa come questa che per la prima volta un senatore repubblicano chiede di avviare un procedimento di empeachement nei confronti del Trump.

Ma sarà vero che Huawei la pagherà duramente?

Non è detto, tutto è molto fluido, interdipendente, integrato. e poi quanto alle tecnologie più avanzate comer quelle delle telecomunicazioni, tutti sanno che non esiste un segreto che possa resistere: basta possedere le conoscenze dei 5G per avere in mano la chiave che apre ogni porta. I colleghi delle rivistine tecniche che si affannano ogni anno al CES di Las Vegas intorno agli stand dei coreani e dei cinesi nemmeno si sono accorti che quei componenti americani (Qualcomm e Broadcom) dei quali il Trump ha vietato la fornitura a Huawei (e presto colpirà altre aziende cinesi) possono essere sostituiti in tempi ragionevoli da altre supply chain. E non perché quache cattivone ha spiato le aziende americane ma perché oggi le nuove tecnologie sono frutto di perversi incroci tra concorrenti che rendono interdipendenti tutti i big e quidini costretti a non farsi guerre sino in fondo.

E poi la Cina controlla il commercio mondiale delle terre rare

Perché le conseguenze danneggiano tutti. Ma meno di tutti verrebbero danneggiati i cinesi che hanno in mano la produzione e il commercio dei minerali delle “terre rare” la base di tutte le tecnologie attuali e future, a partire dall’Information Technology sino alle TLC, alllo spazio e alla security. L’industria hi tech americana, senza le terre rare, scomparirebbe con una rapidità devastante. Ci sono poi centinaia e centinaia di grande industrie Usa che hanno già avvisato il Trump del grandissimo rischio che il Paese correrebbe se venissero applicati i dazi preannunciati. Perché i prezzi della grandissima maggioranza delle merci che riempiono le mega catene commerciali e i magazzini delle fabbriche Usa salirebbero -come già sta accadendo- in modo insostenibile. Chi, come noi, conosce per averle visitate alcune fabbriche hi tech cinesi e frequenta ambienti cinesi, sa che il pattern di conoscenze e di ricerche di altissima tecnologia delle aziende, delle università e delle istituzioni cinesi è ormai anni luce lontano dal livello modesto di molti paesi occidentali. E nemmeno tanto lontano da quello degli Stati Uniti. In alcuni specifici ambiti, anzi, la potenza tecnologica del dragone rosso è molto più avanti. Perché sono 50 anni ormai che la Cina è stata ed è la fabbrica del mondo.

Chi possiede le tecnologie più avabnzate? La Cina e non solo l’America

Dopo essere stato rimosso dal programma Android, -scrive Felix Richter di Statista-Huawei potrebbe essere costretta a implementare il proprio sistema operativo mobile, su cui ha lavorato per anni come piano di emergenza per una situazione come questa. “Abbiamo preparato il nostro sistema operativo per essere pronti nel caso in cui dovremmo essere banditi dall’utilizzo di questi servizi”, ha detto il dirigente di Huawei Richard Yu in una recente intervista con il quotidiano tedesco Die Welt, riferendosi a Google Android e Microsoft Windows. Tuttavia, ha aggiunto che questo sarebbe solo il piano B e che la sua azienda preferirebbe continuare a lavorare con Google e Microsoft. E anche la tedesca Infineon, produttore di chip, pur avendo seguito le big americane, dovrà fare i conti con un crollo di vendite e utili non trascurabile. Huawei -e altri produttori cinesi- hanno in mano il mercato mondiale delle attrezzature e delle reti di telecomunicazione mondiali oltre ad avere crescite molto forti nelle vendite in tutto il mondo e sul loro immenso mercato.

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