Listeria & Co arrivano dal centro e dall’est Europa

15/07/18 - 11 minuti di lettura

 

Lo scopo di questo articolo è di farvi andare di traverso -mentre li mangiate- insaccati, verdure, formaggi eccetera di cui non conoscete l’origine….Ma, almeno, avrete qualche informazione in più per salvare la vita e lo stomaco, con la Listeria non si scherza.

Listeria, se ne sente tanto parlare e noi l’avevamo scritto, l’avevamo anche ripetuto: due anni fa, con una nostra inchiesta pubblicata sul Sole24Ore-Food 24 e su questo blog, apparsa il 28 settembre 2016, (“La cucina, paradiso dei batteri, che fare”, seguita da altri servizi) avevamo infatti riferito sul preoccupante aumento in tutta Europa, a partire dal 2011 delle intossicazioni alimentari causate da sei pericolosissimi microrganismi tossici, quasi sempre mortali e il primo di questa criminale banda era –ed è- la listeria, in degna compagnia con Salmonella, Campylobactaer, Esterichia Coli, Botulino e Stafilococco aureo. La banda dei sei provoca in Europa migliaia di morti ogni anno, più quelle che non vengono riconosciute come tali semplicemente perché mancano indagini posti mortem. O procurano permanenti danni all’intero apparato digerente e intestinale. L’ennesimo caso riguarda la Listeria, presente, dopo il caso dei fagiolini tedeschi e ungheresi della Findus, nei prosciutti della ex italiana Fiorucci, e ora della messicana Sigma Alimentos (non proprio nota in America latina per la trasparenza e la qualità degli ingredienti impiegati). Ma non possiamo ignorare la listeria di mozzarelle italiane senza brand vendute nella GD francese, e quantità massicce di insaccati di maiale che proprio la GD francese ed europea, vende con i propri marchi facendoli fabbricare da “trasformatori” privi spesso di qualsiasi minima referenza. Ed è proprio la mancanza di minime garanzie che consente spesso alla GD di offrire merce a prezzi stracciati. Un altro tassello va ad aggiungersi al quadro sempre più negativo delle importazioni “anonime” di materie prime alimentari da paesi con disinvolte legislazioni alimentari. Ma molte riconducibili, e non solo per la famigerata Listeria, anche alla Germania. Perché la legislazione alimentare della Germania, dei paesi del nord Europa, dell’Inghilterra e soprattutto dei paesi dell’Est Europa (oh, guarda guarda, gli amici tossici di salvini) è lontana dalle severe regole italiane. Per esser chiari, mentre in Italia il vino si deve fare con l’uva, nel centro Europa è consentito di escludere letteralmente l’uva usando trucioli innanzitutto, poi zuccheri e sciroppo. E i formaggi si possono fare con polvere di latte anonimo, zeppo di antibiotici. E non pochi dei famosi wurstel sono spesso creativamente realizzati con un misto di odori, pigmenti e carni di origine misteriosa, varia e anche avariata. Le mozzarelle blu continuano a essere fabbricate nei dintorni di Berlino e nel sud della Germania insieme ad altri prodotti alimentari in catene di produzione “artigianale” e con logistica di proprietà di famiglie calabresi peraltro con la “collaborazione” –più volte denunciata da colleghi tedeschi- di controllori, camionisti, giudici, ristoratori e rivenditori tedeschi. La gestione di intere catene del food pseudo italiano è nella mani infatti delle ‘ndrine che possiedono in centro Europa intere catene di ristorazione, clandestine fabbriche di prodotti alimentari finti italiani, bar, alberghi e il quasi monopolio dei trasporti del food “misterioso”.

Made in Germany? Anche in Viségrad

Il problema è che si può fregiare del tanto celebrato made in Germany tutto ciò che comunque sfiora il suolo tedesco (la beneamata Heimat) –o perché gli viene aggiunto un componente o perché viene incartato e inscatolato in Germania. E per il prosciutto, per le mozzarelle blu, per lo yogurt, e soprattutto per i salumi, i fagiolini, i pomodori (si anche) surgelati, si tratta non di prodotti del suolo tedesco ma di carnazza, verdure stinte e rinverdite chimicamente, marmellate strane, vinazzi e liquori indegni di questo nome, realizzati in tanti modi in paesi a basso costo di manodopera e bassissimi livelli di controlli. Che in qualche modo transitano dalla Germania nelle catene della mega distribuzione, quasi tutte quelle low cost. Non c’è solo la Cina a inviarci materie prime alimentari altamente inquinate (la Cina ha il parco-suini più grande al mondo ed è l’importatore n.1 del 90 per cento della soia transgenica e pompata delle gigantesche farms americane per sfamare le sterminate comunità di suini; China Daly e 南方周末, nánfāng zhōumò ci hanno fatto su intere pagine). Come più volte stampa e tv europei hanno denunciato, dai Paesi del Patto di Viségrad, arrivano -oltre a indegni rifiuti di  collaborazione “comunitaria”,  gigantesche quantità di carne suina proveniente da allevamenti “malati”, dove nemmeno più le gigantesche pompate di antibiotici e antinfiammatori riescono a contenere le epidemie che uccidono quantità enormi di animali. Da lì vengono le carni impestate che poi si trasformano in insaccati made in Germany, made in Italy, per non parlare del made in Austria. I paesi di Viségrad a loro volta sono invasi dalle multinazionali che riempiono gli scaffali con prodotti di qualità scadente come più volte la stampa europea ha denunciato. E pieni zeppi di batteri ad altissimo rischio.

Ecco cosa fare

Purtroppo un prosciutto cotto o crudo messicano, ungherese, italiano sembrano identici. E la tracciabilità totale è obbligatoria in Europa solo per alcun pochi prodotti ma non per gli insaccati e per altri alimenti. Contro la richiesta italiana di una etichetta alimentare europea d’origine, obbligatoria-si oppongono i paesi che abbiamo nominato (perderebbero interi mercati!). Occorre dunque adottare alcuni provvedimenti e ricorrere alle tecnologie domestiche più aggiornate. Infine una semplicissima conditio sine qua non: più il food viaggia più deve essere gonfiato, impestato e intriso di sostanze conservanti tossiche. Servono ad ammazzare temporaneamente o ad addormentare la ricca fauna di batteri. E pure di virus. E di conseguenza non possono non fare male anche all’essere umano, specie ai bambini. La catena del freddo? Fa ridere pensarci; quintali di inchieste hanno documentato una semplice realtà: la logistica è in mano a società di prestanomi, per conto delle ‘drine che per tagliare i costi tagliano pure il superfreddo.

1-La listeria e compagnia costano poco-Quando acquistate nella GD e nei low cost cibi a prezzi molto bassi o con il brand della catena è altamente probabile che provengano da “situazioni” non trasparenti, non garantite, non di qualità. Ed è proprio in questo tipo di food che in tutta Europa si sono sempre trovate colonie abbondanti dei sei tossici batteri.

2-Massima igiene e sottovuoto— Le provviste alimentari, anche quelle definite “fresche”, “di giornata”, spesso non lo sono. E’ di conseguenza necessario lavare e asciugare tutto usando strofinacci e stoviglie pulitissime (possibilmente appena uscite dalla lavastoviglie). Mettere tutto sottovuoto e poi in frigo, in freezer, nella dispensa. Togliendo l’ossigeno schiatta il 90 per cento dei batteri che degradano e inquinano gli alimenti. Sottovuoto anche i cibi a lunga conservazione tenendo conto che alcuni dei microbi non soffrono il freddo e solo la mancanza dell’aria e il forte calore li fanno morire.

3-In frigo, in freezer, ma subito – Non appena avete aperto i sacchetti della spesa mai mai lasciare all’aria, al caldo, i cibi, mai e poi mai lavare la carne soprattutto quella dei volatili e dei polli; i batteri maledetti e la mortale salmonella sotto il getto dell’acqua si svegliano, si rinforzano e si spargono minacciosi ovunque. Vi siete chiesti perché le nonne bruciavano il pollo con la sua pelle sul fuoco, poco prima di cucinarlo? I frigo migliori consentono di abbassare a 0 gradi la temperatura di una apposita zona mentre il freezer deve essere dotato di termometro per conoscere la temperatura interna che non deve superare mai i -18 gradi.

4-Solo made in Italy di marca, oppure a km zero, per insaccati, latte e latticini, garanzia di una buona qualità. Quando in Europa si scatenò l’epidemia della “mucca pazza”, i giornali tedeschi consigliavano di comprare prodotti italiani perché i controllati. I dati di fonte comunitaria assegnano stabilmente al nostro Paese il primato del numero più alto. L’agroalimentare italiano –secondo dati UE-ha il minor numero di residui chimici oltre il limite dello 0.4 per cento, che, comunque, è 4 volte inferiore alla media –a rischio salute- europea dell’1,5 per cento di “irregolarità”. Nei paesi di Visègrad non esistono dati, né controlli….

5-Cuocere ad alta temperatura–Cuocere tutto ciò che è possibile cuocere e soprattutto i surgelati non italiani. Ciò che è cotto va consumato subito, mai ricotto, mai consumato freddo. E solo se avete l’abbattitore che “gela” in tempi brevissimi qualsiasi alimento cotto e caldo è possibile garantire una buona igiene alimentare. Usare sonde appositamente prodotte per conoscere la vera temperatura interna di grandi porzioni che spesso è assai più bassa di quella del forno.

6-Cottura lenta no-E piantiamola di imitare gli chef di moda che esaltano la cottura-lenta-che più lenta e bassa-non si può: a 60 gradi la listeria, la salmonella e compagnia non solo non tirano le cuoia, ma godono. Solo se disponiamo delle speciali tecnologie del sottovuoto e dell’abbattitore siamo in grado di riprodurre processi di cottura professionali altamente igienici. E poi eventualmente cucinare lentamente ma sempre sopra i 100 gradi.

7–La salmonella ama i microonde –Ricordate lo scandalo inglese della salmonella nella carne dei polli cotti – si fa per dire – nei microonde di qualche anno fa? A causa di temperature sotto i 70°C e di una cottura irregolare tutti ma proprio tutti i pericolosi batteri della carne rimasero vivi causando vittime e molte intossicazioni. –

8-Barbecue, mai all’americana– E cioè lasciar scongelare carne e alimenti in genere all’aria (spaventosa proliferazione ovunque) e mettere insieme cotti e crudi, vegetali e proteine: mai, proprio mai, si crea una velocissima proliferazione dei più tossici e aggressivi batteri. Bisogna passare subito sulla griglia senza attese qualsiasi alimento congelato e fresco: ci penserà il calore elevato ad arrostire batteri&Co. E per essere sicuri usare una sonda molto precisa, professionale: fra l’interno e l’esterno della carne, per esempio le differenze sono elevate e questo lascia intatta la carica batterica.
9-Il burger non è uno steak. Mai al sangue. Chi mette sulla griglia un hamburger per farlo rosolare appena e mangiarlo al sangue corre grandi rischi, tenendo conto – tra l’altro – che le intossicazioni da hamburger agiscono anche dopo giorni e accumulano tossine molto tenaci nel nostro corpo. La carne tagliata e tritata infatti è infatti la maggior concentrazione esistente di batteri E.Coli e di altri ancor più tossici compari. La bistecca può essere cotta al sangue ma con prudenza: da quale catena di conservazione proviene? E’ rarissimo che la nostra carne sia a km 0.

10-Crudità, solo a prezzi alti-Non mangiate mai, ma proprio mai, carni e pesci crudi nei ristoranti low cost. Per una semplicissima regola di ordine economico: offrire ai clienti carni e pesci crudi e sicuri costa parecchio. Le fonti di qualità possono essere solo italiane e in quantità limitate anche perché il successo del food made in Italy cresce ogni anno a due cifre e gran parte dei nostri prodotti di fascia alta prende la strada dell’export. Tutti, ma proprio tutti i prodotti di importazione sono infarciti di conservanti, antibiotici, pesticidi. Quanto alla celebrata carne giapponese di Kobe che, secondo una leggenda metropolitana, arriverebbe freschissima, senza conservanti…..basta riflettere sulla distanza….

11-Niente polli importati, infarciti di salmonella-Niente polli inglesi, tedeschi, polacchi, francesi, spagnoli ungheresi, eccetera. Contengono dosi enormi di salmonella. Che si elimina difficilmente. Forse qualche micro-allevamento italiano –forse- garantisce assenza di salmonella, di antibiotici e medicine di varia origine.

 

Fonti: EFSA, autorità europea per la sicurezza alimentare, NSF International e OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità.

solo non tirano le cuoia, ma godono. Solo se disponiamo delle speciali tecnologie del sottovuoto e dell’abbattitore siamo in grado di riprodurre processi di cottura professionali altamente igienici. E poi eventualmente cucinare lentamente ma sempre sopra i 100 gradi.

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