Post Covid, i medici e gli infermieri degli ospedali pubblici sono ancora eroi….ma malpagati

25/10/21 - 3 minuti di lettura

Perché pagano egli errori e le colpe gravissime di chi è al vertice delle sanità regionali. Come sta il nostro sistema sanitario nazionale dopo lo tsunami Covid-19? Pare non bene. Innanzitutto perché, nonostante l’eroica capacità di lavoro del personale medico, infermieristico e parasanitario, l’arretrato di operazioni, visite e controllli è drammatico. Il maledetto virus ha avuto la precedenza su migliaia e migliaia di urgenze. Terminata o ridotta a numeri  minimi la necessità di impegnare  letti e personale per gli ammalati di Covid, è cominciata la difficile corvée di chi cerca di curarsi, di chi deve urgentemente essere operato….. Impresa estremamente difficile. L’arretrato rimane enorme.  La tecnologia aiuta sino ad un certo punto. Il patrimonio “umano” conta, nella sanità pubblica, moltissimo. Ma è trattato decisamente male. Oltre al fatto che spesso sceglie le ricchissime -e nemmeno tanto eccellenti- strutture private. Mentre i medici di base hanno trattamenti decisamente ottimi, non sempre corrispondenti ad una preparazione adeguata, i medici ospedalieri che sono molto molto più impegnati, con responsabilità maggiori e che hanno mediamente notevoli esperienze e capacità, hanno remunerazioni incredibilmente più basse. E molto più basse anche di quelli che lavorano nelle strutture private, notoriamente beneficiate, come in Lombardia, da accordi favorevolissimi in danno della sanità pubblica. Lo stesso accade per il personale paramedico che divide e condivide con i medici delle strutture ospedaliere pubbliche, condizioni di lavoro decisamente difficili. Al contrario i vertici politici, i dirigenti, ricevono prebende incredibilmente elevate con una disparità da satrapismo orientale. Oltrettutto si tratta, come in Lombardia, degli stessi che sono all’origine, come i loro capi della regione, delle drammatiche inefficienze che causarono quella tragica ondata di contagi e di morti da Covid che molti chiamarono la sindrome lombarda. A capo delle strutture sanitarie sì trovano non di rado funzionari condannati, incapaci, privi di competenze. Le conseguenze? Chi deve prenotare visite e operazioni  vede soltanto gli svantaggi di ritardi enormi, insopportabili, e tende a prendersela con il front end di questa situazione. La vostra cronista ha avuto una recente esperienza al gigantesco falansterio che si trova a Milano, il San Paolo, un’esperienza illuminante: la vista, si sa, è vitale, se gli occhi sono in deficit e a rischio, anche “solo” per la cataratta, è noto che occorre sottoporli al più presto ad una operazione che, tra l’altro, è molto rapida e ambulatoriale. Perché tra vedere e non vedere più, soprattutto per chi è anziano, la differenza è abissale. La vostra cronista ha appreso che per fare questa operazione oggi, in Lombardia ovviamente, occorre aspettare da 1 anno e mezzo a 3 anni. Cioè la cecità o semicecità come alternativa obbligatoria. O la clinica privata, vergognosamente costosa (la più cara in Europa). Si, è vero -come la preparata e professionale specialista della clinica oculistica, ha osservato con amarezza-l’invecchiamento della popolazione è all’origine di questa situazione…. Però, però…Queste lunghissime attese riguardano al Nord soprattutto la Lombardia perché, come tutti i giornali hanno riconosciuto, decenni e decenni di depauperamento delle risorse provenienti dai cittadini lombardi sono andate in giganteschi scandali per corruzione e in politiche volutamente favorevoli agli amici delle cliniche private. Le cronache lo hanno ampiamente dimostrato. Per fortuna medici specialisti e personale parasanitario, come anche quelli del San Paolo di Milano, sono cresciuti in autorevolezza e competenza pur in condizioni di lavoro decisamente “avverse”..

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